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domenica 3 ottobre 2021

LA SCACCHIERA

 LA SCACCHIERA

C’è un brusio diffuso intorno.
E un tepore che è insieme fresco e soffio.
Un po’ come capita spesso, lì, in quella dimensione speciale.
Irreale.
Ma che insieme esiste e di cui non si può non tenere conto.
E un po’ alla volta, con zoomate successive le varie caselle con la loro prospettiva sghemba finiscono per rammentare, puntualizzare, precisare che è lì che si svolge il film della vicenda onirica.
Si può anche divagare. Introdurre altri elementi esterni.
A disturbare e confondere la situazione. Elementi distrattori intenzionali.
Ma poi, ogni volta, di nuovo, sguardi di sfuggita con la coda dell’occhio, lasciano intravedere lo sfondo.
Ogni pezzo può anche avere la sua posizione.
I suoi movimenti.
Il cavallo che salta a modo suo.
Il pedone che arranca strascicando i piedi.
Il re impacciato e lento nelle mosse.
La torre che guarda di lontano.
La regina con il suo occhio di lince…
È l’alfiere, forse che sente il destino che incombe sui suoi passi.
A volo d’uccello rapido, tutti i percorsi possibili rimangono possibili, probabili ma in attesa. In continuo sur-place.
Ma col batticuore, con l’ansia, il panico represso per quanto sfumato, c’è pure la coscienza che quello è un terreno minato.
Si può cercare anche di provare a sorvolare senza soffermarsi con attenzione su nessuna casella.
Ma nel tavolato dei quadrati bianchi e neri alternati, prima o poi lo si sa.
Una sola è la casella quadrata maledetta.
Flessuosa, lasciva e prepotente, la maestà della regina con le movenze del suo abito a strascico svolazzante, ha impresso nella mente lo stalliere che dovrà venire alla luce dei candelabri, a sollazzarla nell’alcova.
La torre che indossa il camice bianco sul suo corpo tozzo, è osteopata massaggiatore per le cervicali. E abuserà della sua paziente compiacente.
Il cavallo a guizzi scalpita, dentro e fuori nei corpi morbidi delle sue amanti ragazze.
Il pedone masturba le sue fantasie che presto o tardi metterà in atto.
Il re sistema il suo pince nez aguzzando lo sguardo per mettere a fuoco meglio.
Sardonica, sorniona, la regina domina il campo.
È l’alfiere che sa quale destino gli incomba. Nei suoi cammini diagonali.
E sogguarda con calma preoccupata e spavento represso, i sentieri incrociati che incatenano i suoi quadrati che si prolungano in prospettiva.
Deve assolutamente tener conto della casella quadrata maledetta.
La intravede, senza soffermarci lo sguardo.
Ma è lì.
Come una minaccia.
Come un baratro.
Come un sepolcro destinato.
Non vale la pena raccontarsi che questo è un sogno.E che il sogno non racconta nulla di estraneo all’anima e alla mente di ciascuno.
Ciascuno vive il suo incubo.
Ciascuno ha come destino la sua allucinazione.
Nelle mosse che medita, che prevede, che può pianificare anche, reggendo l’alabarda inutile, l’alfiere sa…
E sa assai bene dove non vuole mettere il piede.
Perché poi, quando l’avesse posato sulla maledetta casella mortale, tutta diventa un’altra storia.
Che nessuno ha mai raccontato.
E con baldo sguardo, il bardo paventa quell’ignoto che può aspettarlo.
E soltanto intuisce, presente, teme come può, ma non sa fin in fondo.
Che non può saperlo…
Prima o poi muoverà il passo verso l’ignoto oscuro che come un gorgo, come un buco nero assoluto, lo risucchierà, anima, sangue, nervi, sguardi, ricordi…
Forse è meglio uscire da questa onirica dimensione.
Anche se il dubbio, lo sconcerto, il timore mortale rimangono.
E sarà quando sarà.
Meglio alzarsi e prepararsi l’abituale caffè.
Ad un’altra occasione questa angoscia. Inevitabile.
Indifferibile.
Ignota, ignorata, inutilmente rimossa.
Meglio prepararsi il caffè…
Nanni Omodeo Zorini
Maria Teresa Grano
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