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sabato 2 ottobre 2021

LA RANA CHE DA GRANDE... VOLEVA DIVENTARE PRINCIPESSA

LA RANA CHE DA GRANDE... VOLEVA DIVENTARE PRINCIPESSA

E, diciamolo pure subito: la situazione generale era davvero preoccupante e drammatica!
Era stato raggiunto l’en plein dello sfacelo generale. Irreversibilità per l’ambiente… Gravissimo livello della peste pandemica.…
Giustizia ingiusta…
È ovvio che passasse davvero in secondordine la modesta storia, meschinella e squallida, delle vicende più o meno personali di cui era protagonista la tapina.
Una rana, apparentemente simile a tante altre.
Che aveva voluto indossare l’abito di una persona come un’altra!
E se n’è già parlato abbastanza.
Ramanzine  finché era stata bambina discola, trasgressiva, cuccata a fare le marachelle.
Anche quando sfuggiva agli occhi vigili: e se le andava a cercare a tutti i costi.
Poi, la soluzione di comodo: imboccare una routine di vita apparentemente normale. Famiglia, coppia , lavoro.
Ma sempre a cercare con occhio furtivo e nascostamente, lei credeva, situazioni borderline.
Il "buon cretinetti", aveva provato, sebbene con scarsi risultati, a rieducarla, terapizzarla, addirittura ipnotizzarla…
Lei continuava a viaggiare su due binari paralleli che non s’incontravano.
Di qua: la provvida massaia dedita alla casa e al lavoro.
Di là, la golosa morbosa attenzione per chi la poteva guardare come preda, oggetto, cosa da usare e basta…
Vittimizzandola.
E aveva saltellato di qua e di là, dentro e fuori, apparentemente in equilibrio.
“… Sapessi quel tale, che porco davvero che era… Tutto quel che mi piace e che mi fai anche tu… E poi c’era questo, e quest’altro, e quest’altro ancora… Finalmente tu, che sei il massimo, e che sognavo da sempre…”
LA MODESTA STORIA DI UNA RANA CHE DA GRANDE AVREBBE VOLUTO ESSERE PRINCIPESSA.
Ma che con la sua coazione a ripetere cadeva ogni volta nello stagno.
Erano poi arrivati i malanni di salute.
Su base autentica e reale, e spesso gonfiati al massimo.
Il cretino domestico faceva la voce grossa; rampogne, ramanzine, occhi di fuoco cattivi.
Ma, una goccia tira l’altra.
E diventare principessa risultava arduo e da rinviare continuamente.
Rintanata nella casa, sfuggiva continuamente.
Di qua e di là.
Come avrebbe fatto sempre e per sempre.
Negli stessi luoghi e spazi.
Stradine.
Frazioni.
Boscaglie.
Anfratti.
C’erano state poi le storielle seduttive seducenti: al narratore era scappata la mano.
Voleva divertirla.
E finì per influenzarla negativamente e profondamente.
Lei si raccontava da sola le stesse storie mentalmente.
Aggiungendo particolari e protagonisti.
E l’abito la principessa riposava nel cassettone.
Meglio le felpe, la chincaglieria e la paccottiglia dei gioiellini fasulli un tanto a peso.
Che trovava nei luminosi e attraenti templi del consumismo di bocca buona.
Chi narrandola l’aveva di fatto creata e inventata, ci provò anche lui.
Le racconto tutto, le insegnò, le parlò… Inascoltato.
Con occhi bassi, sfuggenti e scontrosi, lei guardava sempre oltre.
Coazione a ripetere cercando sempre il peggio, il meno meglio, i malanni più ostinati…
A piangersi addosso.
Anche malconcia e malandata continuava a cercare a tentoni un baratro sempre più profondo.
Il suo demiurgo narratore, stizzito e amareggiato, aveva smesso di raccontarla.
(E chi veniva dopo, non era certo all’altezza!
Inutile camuffarsi con barbetta e immeritata aria di professore…
Perché non lo era per niente).
Ma a lei andava bene così.
Rifiutava per scelta il meglio.
Attratta dall’ombra nebbiosa delle forre.
Insomma, per farla breve, se possibile, la storia di una modesta ranocchia.
Votata al peggio.
A cercare rospi lubrichi.
Incontrando sempre ogni volta, purtroppo per lei, emeriti imbecilli inadeguati.
L’epidemia viaggiava forte.
Lei lamentava una vita d’inferno.
E continuava ad andarsele a cercare.
Un po’ come l’esperienza della rana bollita.
“Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.” (Tratto dal libro “Media e Potere” di Noam Chomsky).
Anche la attuale protagonista rana di bosco e di ruscello collinare, anziché raggiungere davvero lo status di principessa, finì per abituarsi sempre di più al tepore malevolo e malefico della sua pentola nella quale si era voluta immergere.
E la temperatura cresceva.
Nessun principe vero, demiurgo, narratore, poeta o profeta, la degnò più di uno sguardo.
Presto il cretinetti di casa avrebbe ricevuto in omaggio quel che inutilmente aveva sinora cercato sulla sua rana domestica, frugando tra le sue cose.
Ripose e mise da parte i suoi vermouth e le sue birre.
E si preparò incazzato nero, per davvero la prima volta nella sua vita, a fare fuoco e fiamme.
Intanto, ora, il narratore di un tempo, raccontava storie di puledri, raggiunti con la sua moto rombante.
E come fanno i puledri con i lunghi crini delle code, cacciava via le mosche e i tafani fastidiosi.
Eh si, è proprio così…
Così va il tempo, tanto nella bassa pianura di risaie, quanto sulle verdeggianti colline diffuse.
Nanni Omodeo Zorini
Margherita Gionni
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