scegli argomenti:

domenica 24 giugno 2018

IL MIRTILLO MAGICO


IL MIRTILLO MAGICO

Una  volta, tanto tempo fa, ma anche oggi, c'era un giardino pensile sospeso verso il cielo. L'aveva collocato lì un mago bizzarro.
E si era divertito a farci crescere i frutti più strani. Fragole volanti. Ciliegie amarene dei merli. Albicocche incarnate. Pesche dalle guance sorridenti. Uva spina senza le spine. Lamponi come labbra di ragazza.
Ma un giorno, che era un po' distratto, ci aveva fatto crescere anche dei mirtilli… Si, dei mirtilli apparentemente comuni… Ma solo apparentemente, però!
Quando i frutti erano maturi, li metteva in un cestello e li regalava alla principessa dagli occhi turchini.
Quel mago, si divertiva anche ogni tanto a travestirsi da drago, da dinosauro, da principe, e da cavaliere antico.
La principessa abitava su una collina dove il tempo era sempre fresco d'estate, e d'inverno spirava un venticello tiepido. Però, come nelle fiabe succede alle principesse, era vittima di un sortilegio.
Ogni tanto capitava che una nuvola si abbassava sulla collina e la nascondeva alla vista.
E allora, solo il mago conosceva l'incantesimo per farla tornare visibile e soprattutto per farla ridere tanto…
Niente di speciale. Ai maghi tutto è possibile. E nei mirtilli aveva riposto una virtù rara.
Quando la principessa ragazza a volte era un po' giù di morale, o era malata, o aveva la bua, riceveva dall'amico mago il cestino di frutti…
I frutti erano deposti su foglie di lattuga, di cavolo, e di verbena. Ed erano coperti con un fazzoletto di seta ricamato.
Lui arrivava a cavallo del suo liocorno. Volando penetrava nella nuvola di garza che avvolgeva la collina. E arrivava fin sul balcone della fanciulla.
Con l'elsa della spada, ma in modo molto garbato, delicato, batteva contro i vetri della sua finestra.
"Toc toc"
Lei  usciva dal torpore nel quale era rimasta immersa. Socchiudeva un'anta della finestra dai vetri rilegati in piombo e tutta colorata come l'arcobaleno. E faceva uscire il suo sguardo di cielo.
Bastava quello sguardo per dissipare la garza della nebbia. E allora tornava splendere il sole.
Il mago, principe e cavaliere deponeva la spada cesellata di diamanti. Si toglieva il cappello a larghe tese decorato con piume di struzzo e di pavone. Faceva un inchino abbassando il capo. E da quel momento lei cominciava a ridere come una fontana.
Lui sfilava gli stivali che portava molto alti fino alla coscia. Levava il giustacuore di cuoio ricavato da una pelle di dinosauro sul quale splendevano borchie d'oro e d'argento, con rubini e smeraldi e altre pietre preziose.
Per garbo e per farle una sorpresa serbava nascosto sotto il mantello rosso il cestino di frutti.
Poi, estratto da un tascapane un liuto, una piccola cetra e una viuela, le cantava recitandoli madrigali garbati d'amore.
La ragazza lo ascoltava estasiata con gli occhi luminosi. E in via eccezionale, scordando di essere una principessa di sangue blu, batteva le piccole mani squittendo come uno scoiattolo, e riempiendo la camera del suo riso argentino come acqua di fonte.
Poi, riposti gli strumenti nella bisaccia, da sotto il mantello rosso appoggiato al suolo, lui estraeva il cestino. Un altro incantevole concerto di risate felici. E i mirtilli succosi andavano a porsi, come d'abitudine, delicatamente, nei punti più ambiti. Le labbra di lei li ricevevano anche direttamente da quelle di lui. Ma…
Bisognava sapere che non tutti i mirtilli erano uguali…
Solo uno era quello magico e fatato!
Poteva essere il primo, il settimo, il diciassettesimo…
Ma quando alla fine il mirtillo magico si deponeva tra le labbra della fanciulla, si sentiva un rumore delicato come di cavalli in corsa… Un concerto di clavicembali e fagotti… Una melodia che vinceva ogni incantesimo…
La merenda e l'incontro duravano un tempo limitato. Qualche ora al massimo. Poi il cavaliere mago e menestrello sentiva scalpitare fuori vicino al terrazzo gli zoccoli di cristallo del suo unicorno. E dei nitriti garbati lo richiamavano…
Si ricomponeva di tutto punto. Riinfilava gli immensi stivali, indossava il giustacuore prezioso, faceva un'altra riverenza prostrando il capo e muovendo l'ampio cappello piumato, riceveva di buon grado l'ultimo bacio e si apprestava ad aprire i vetri colorati.
«La tua medicina magica, il mirtillo fatato, la tua presenza e i tuoi canti mi hanno guarita di nuovo… Per un po' di tempo ti lascio andare via. Ma torna, te ne prego, ti scongiuro… Tu sei la mia salvezza… Non posso restare sempre qui a languire… Ti aspetto… Lo sai…»
Offriva di nuovo al suo bacio le sue labbra dal sapore di mirtillo. E lo vedeva scomparire volando nel cielo, fino a quando il suo mantello rosso svolazzante svaniva dietro le montagne di ghiaccio e dietro le selve folte e buie…




Nessun commento: