IL
MIRTILLO MAGICO
Una volta, tanto tempo fa, ma anche oggi, c'era un
giardino pensile sospeso verso il cielo. L'aveva collocato lì un mago bizzarro.
E si
era divertito a farci crescere i frutti più strani. Fragole volanti. Ciliegie
amarene dei merli. Albicocche incarnate. Pesche dalle guance sorridenti. Uva
spina senza le spine. Lamponi come labbra di ragazza.
Ma un
giorno, che era un po' distratto, ci aveva fatto crescere anche dei mirtilli…
Si, dei mirtilli apparentemente comuni… Ma solo apparentemente, però!
Quando
i frutti erano maturi, li metteva in un cestello e li regalava alla principessa
dagli occhi turchini.
Quel
mago, si divertiva anche ogni tanto a travestirsi da drago, da dinosauro, da
principe, e da cavaliere antico.
La
principessa abitava su una collina dove il tempo era sempre fresco d'estate, e
d'inverno spirava un venticello tiepido. Però, come nelle fiabe succede alle
principesse, era vittima di un sortilegio.
Ogni
tanto capitava che una nuvola si abbassava sulla collina e la nascondeva alla
vista.
E
allora, solo il mago conosceva l'incantesimo per farla tornare visibile e
soprattutto per farla ridere tanto…
Niente
di speciale. Ai maghi tutto è possibile. E nei mirtilli aveva riposto una virtù
rara.
Quando
la principessa ragazza a volte era un po' giù di morale, o era malata, o aveva
la bua, riceveva dall'amico mago il cestino di frutti…
I
frutti erano deposti su foglie di lattuga, di cavolo, e di verbena. Ed erano
coperti con un fazzoletto di seta ricamato.
Lui
arrivava a cavallo del suo liocorno. Volando penetrava nella nuvola di garza
che avvolgeva la collina. E arrivava fin sul balcone della fanciulla.
Con
l'elsa della spada, ma in modo molto garbato, delicato, batteva contro i vetri
della sua finestra.
"Toc
toc"
Lei usciva dal torpore nel quale era rimasta
immersa. Socchiudeva un'anta della finestra dai vetri rilegati in piombo e
tutta colorata come l'arcobaleno. E faceva uscire il suo sguardo di cielo.
Bastava
quello sguardo per dissipare la garza della nebbia. E allora tornava splendere
il sole.
Il
mago, principe e cavaliere deponeva la spada cesellata di diamanti. Si toglieva
il cappello a larghe tese decorato con piume di struzzo e di pavone. Faceva un
inchino abbassando il capo. E da quel momento lei cominciava a ridere come una
fontana.
Lui sfilava
gli stivali che portava molto alti fino alla coscia. Levava il giustacuore di
cuoio ricavato da una pelle di dinosauro sul quale splendevano borchie d'oro e
d'argento, con rubini e smeraldi e altre pietre preziose.
Per
garbo e per farle una sorpresa serbava nascosto sotto il mantello rosso il
cestino di frutti.
Poi,
estratto da un tascapane un liuto, una piccola cetra e una viuela, le cantava
recitandoli madrigali garbati d'amore.
La
ragazza lo ascoltava estasiata con gli occhi luminosi. E in via eccezionale,
scordando di essere una principessa di sangue blu, batteva le piccole mani
squittendo come uno scoiattolo, e riempiendo la camera del suo riso argentino
come acqua di fonte.
Poi,
riposti gli strumenti nella bisaccia, da sotto il mantello rosso appoggiato al
suolo, lui estraeva il cestino. Un altro incantevole concerto di risate felici.
E i mirtilli succosi andavano a porsi, come d'abitudine, delicatamente, nei
punti più ambiti. Le labbra di lei li ricevevano anche direttamente da quelle
di lui. Ma…
Bisognava
sapere che non tutti i mirtilli erano uguali…
Solo
uno era quello magico e fatato!
Poteva
essere il primo, il settimo, il diciassettesimo…
Ma
quando alla fine il mirtillo magico si deponeva tra le labbra della fanciulla,
si sentiva un rumore delicato come di cavalli in corsa… Un concerto di
clavicembali e fagotti… Una melodia che vinceva ogni incantesimo…
La
merenda e l'incontro duravano un tempo limitato. Qualche ora al massimo. Poi il
cavaliere mago e menestrello sentiva scalpitare fuori vicino al terrazzo gli
zoccoli di cristallo del suo unicorno. E dei nitriti garbati lo richiamavano…
Si
ricomponeva di tutto punto. Riinfilava gli immensi stivali, indossava il giustacuore
prezioso, faceva un'altra riverenza prostrando il capo e muovendo l'ampio
cappello piumato, riceveva di buon grado l'ultimo bacio e si apprestava ad
aprire i vetri colorati.
«La
tua medicina magica, il mirtillo fatato, la tua presenza e i tuoi canti mi
hanno guarita di nuovo… Per un po' di tempo ti lascio andare via. Ma torna, te
ne prego, ti scongiuro… Tu sei la mia salvezza… Non posso restare sempre qui a
languire… Ti aspetto… Lo sai…»
Offriva
di nuovo al suo bacio le sue labbra dal sapore di mirtillo. E lo vedeva
scomparire volando nel cielo, fino a quando il suo mantello rosso svolazzante
svaniva dietro le montagne di ghiaccio e dietro le selve folte e buie…
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