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lunedì 25 giugno 2018

LA SCATOLA STRAORDINARIA
















LA SCATOLA STRAORDINARIA

All'inizio, a dir la verità, non aveva affatto pensato che potesse diventare qualcosa di speciale. Quando aveva comprato le ultime scarpe di vernice, quelle con il cinturino e due aperture ovali una destra e una sinistra, stava per buttare la scatola. Ma poi sua mamma le aveva detto: "Tienila  da conto. Potrebbe senz'altro rendersi utile. Ci puoi mettere magari i tuoi pennarelli. I pastelli. I giochini piccoli che altrimenti rischi di perderli. I pezzetti di lego. Le carte da gioco. O tutte le sorpresine che hai trovato nelle uova di Pasqua, anellini collanine… Certo che così com'è non è un granché… Prendi magari un po' di quella carta che abbiamo avanzato… Con le forbici e la colla la puoi foderare…"
Uffa! Un altro lavoro da fare!
Poi una volta che non aveva compiti era andata a recuperare il rotolo avanzato di carta. La colla arabica. Le forbici… E ci aveva lavorato tutto un intero pomeriggio…
Poi l'aveva messa sopra al suo scrittoio, sullo scaffale dove teneva il dizionario di italiano e degli altri libretti come Topolino e Tiramolla. Però non riusciva a decidersi a metterci dentro qualcosa. Ogni tanto le capitava di avvicinarsi alla scatola. Sollevava il coperchio e…
Ogni volta le sembrava di vederci dentro qualcosa di strano. Di nuovo. Di fantastico. Di straordinario… Allora decideva di lasciar perdere credendo di aver avuto delle visioni o delle allucinazioni.
Ma alla fine finì per convincersi: senza saperlo e senza volerlo quella scatola comune di cartone rigido che aveva foderato con tanta cura tanto amore, era diventata una "scatola magica".
Lo faceva specialmente la sera prima di andare a dormire. Dopo aver dato la buonanotte a tutti. Infilato il pigiama. Lavati i denti. Chiusa la porta della cameretta. Si avvicinava in punta di piedi al suo scrittoio. Sollevava il coperchio… E…
Poteva vederci qualsiasi cosa. Bastava che fosse sintonizzata e che ci stesse pensando da un po'. Se era concentrata il miracolo avveniva.
Come da lontano usciva una voce sommessa di musica rock.
Del profumo di bosco, di foglie e di funghi.
Il rumore del mare e addirittura l'odore di salmastro…
Una mandria di cavalli al galoppo.
Una famiglia di scoiattoli.
Però non voleva abusarne troppo. Temeva che la sua scatola fatata a un certo punto potesse smettere di avere efficacia. Come se fosse stata predisposta per un certo numero di apparizioni e poi rimanesse esaurita.
Per cui il regalo della scatola se lo riservava soltanto per i momenti in cui era un po' triste. Di malumore. Mesta. Mogia. O quando era stata sgridata per qualcosa. Giustamente o senza motivo non aveva importanza. E allora, era solo in quei casi che si regalava la sua scatola magica…
Una sera, che era particolarmente giù di morale, reduce da una ramanzina lunghissima per questo e quest'altro, non aveva saputo resistere. Con gli occhi bassi. Il volto aggrottato. Aveva deciso che si regalava una visione.
Sul comodino c'era solo una piccola lucetta coperta da un foulard, per fare un po' di penombra fintanto che si sarebbe addormentata. La stanza era quasi buia.
Invece del pigiama indossava una camiciola da notte con i funghetti e le fragole. Ce l'aveva da qualche anno per cui le risultava un po' strette e attillata e le arrivava un po' sopra il ginocchio. Avrebbe voluto prima sciogliere la treccina dei capelli. Ma poi preferì regalarsi il suo sogno.
Con cautela, e molto delicatamente, con l'indice e il pollice di ciascuna mano sollevò il coperchio…
Doveva essere proprio un giorno speciale. Era come se si trattasse di un filmato visto in televisione. Ma era a tre dimensioni. E il suo sguardo ci si perdeva dentro. Era come se lei fosse entrata in quel mondo straordinario che stava vedendo.
Da una parte in alto c'erano delle rocce. Probabilmente una montagna. Si scorgeva soltanto il luccichio scintillante di una cascatella. Che scendeva giù e andava buttarsi in una pozza non troppo grande ma che faceva un laghetto. Intorno adesso dei salici. E poco più in là allineati tutti i diritti come pennarelli o pastelli in piedi, delle betulle… Con la loro corteccia che sembrava fatta di pezzetti di carta di quaderno incollata. Intorno un prato che sembrava tagliata di fresco. Senza accorgersene era entrata dentro la visione. Aveva dimenticato nella cameretta le ciabattine e sentiva piacevolmente i piedi nudi sull'erba tagliata.
Si avvicinò al piccolo laghetto. Infilò i piedi nell'acqua e sentì che non era neanche troppo gelida. Piacevolmente fresca. (Giustappunto, pensò, quella sera si era dimenticata di lavare i piedini).
Da qualche parte doveva esserci un giradischi o mangianastri. Oppure, ma non osava sperarlo, un'orchestrina stava suonando musiche dolcissime e melodiose. Nascosta da qualche parte magari dietro le betulle o nel folto dei salici.
Tenendo i piedi al fresco dell'acqua da seduta che era appoggiò il busto e allargò le braccia sull'erba. Pensò che non era mai stata così bene. La musica, l'arietta fresca e profumata di bosco, tutta la situazione nell'insieme, le stavano facendo venire un certo sopore. Avrebbe voluto quasi addormentarsi così.
Ma sul più bello avvenne un incantesimo.
Mentre teneva gli occhi chiusi, sentì qualcosa che le sfiorava le labbra. Ma niente di brutto o di disturbante. Come se le avessero accostato alla bocca un'albicocca. Una pesca, un fazzoletto di seta…
Non osava aprire gli occhi. Per paura di ritrovarsi, svegliandosi da quella magia, nella propria cameretta. Di dover ricordare la ramanzina di quella sera. E poi finì per capire.
Le sue labbra di ragazza stavano ricevendo un bacio. Morbido. Delicato. Pulito.
Una mano molto discreta le carezzò la guancia.
Capì che senz'altro un principe era venuto a trovarla per consolarla di quella giornata di rimproveri.
Rimase nel suo bacio. Lo corrispose. Nei film aveva visto come fanno i grandi a baciarsi. Nessun altro mai l'aveva baciata sulla bocca. Qualche volta ci aveva sognato e fantasticato quando vedeva qualcuno che le garbava abbastanza. Però, quello era il suo primo bacio. Per quanto magico. Ma forse proprio per questo straordinario e speciale.
Un bacio che durava all'infinito. E non vedeva neppure il volto del principe che la stava baciando. Lo immaginava soltanto. Ed era la somma e la sintesi di tutti i ragazzi principi che aveva desiderato.
Capì in quel momento che stava diventando grande.
Seppe che avrebbe presto incontrato il principe che sarebbe stato l'amore di tutta la sua vita.
E l'avrebbe incontrato in tanti posti. Tante volte. All'infinito.
Senza mai che le venisse a noia. Senza doverci fare l'abitudine o provarci fastidio.
Da quel momento, aveva chiaro, che sarebbe rimasta per sempre bambina e ragazza nell'anima. Avrebbe lasciato che il proprio corpo diventasse quello di un adolescente, di una signorinetta, di una donna… Ma dentro la ragazza era sempre pronta a incontrare per caso, per fortuna, per miracolo, l'uomo della sua vita… Per trovarlo. Perderlo. Desiderarlo. E ritrovarlo di nuovo. All’infinito…
Poi alla fine si decise. Il mattino dopo si sarebbe aperta la porta della cameretta: "svegliati, dai, che è tardi… Se no fai tardi a scuola… C'è già pronto il caffelatte. Anche i biscotti sono nella scatola di latta. Ciao. Io vado…"
Portò il sogno meraviglioso che la scatola magica le aveva regalato sotto le coperte. Si girò sul fianco. Con le mani sotto il mento unite. E il sogno le fece compagnia tutta la notte.
Da grande, prima o poi, l'avrebbe rivissuto intensamente fino in fondo.
E mentre stava cominciando a prendere sonno, pensò che la protagonista di un sogno così doveva avere un nome eccezionale. E allora decise di sceglierne uno apposta invece del proprio. Da usare solo nel sogno. E decise di chiamarsi Artemisia.

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