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giovedì 14 giugno 2018

IL TERZO OCCHIO INTERIORE

IL TERZO OCCHIO INTERIORE    Distolse gli occhi dal computer. Presto avrebbe fatto quell'intervento agli occhi per la  levare quelle nebbie... Che avevano quel brutto nome :cataratta. Un amico poeta, il giorno prima, all'evento letterario, gli aveva raccontato di aver fatto qualcosa di analogo. 20 minuti di intervento. Hospital  day naturalmente. Senza quasi neanche l'anestesia locale. Chiacchierando con il chirurgo. Prima un occhio; poi qualche settimana dopo l'altro. Qualche piccolo disagio appena dopo il primo intervento: la visione dei due occhi sarebbe stata disomogenea… Ma era uno scotto banalissimo che valeva la pena di pagare.
Da un po' di tempo affaticava gli occhi. Ma presto anche lui sarebbe tornato a 10 decimi per ogni parte. E per uno che passa il tempo a scrivere sul tablet e sul computer è una condizione essenziale.
Nonostante gli annebbiamenti nel visus, con gli occhi interiori lui vedeva molto lucidamente. In profondo.
Non si era mai ingannato. Aveva un'ottima vista con il suo occhio interiore. Anche quando non lo dava a vedere.
Ma i testi, le poesie, i racconti, li scriveva sul computer e sul tablet. E su quegli strumenti non bastava l'occhio interiore. Certo avrebbe fatto l'intervento senza nessuna preoccupazione. Faceva parte di quel percorso di rinnovamento totale, che lui scherzosamente definiva il collaudo e la revisione perché aveva ormai deciso che per altri 20 o trent'anni, almeno,  avrebbe avuto molto da fare piacevolmente.
La sera prima a Milano il grafico pittore era molto brillante, lucido, nonostante i suoi 92 anni. E certo poteva farlo anche lui, ne era sicuro. Gliel'aveva promesso alla sua bambina.
E magari poi anche le protesi acustiche? Da trent'anni ci pensava. Aveva sempre avuto il timore che gliene cadesse una perdendola o rompendola… Con quello che costavano…!
Pensò agli interventi molto più invasivi, dolorosi e disturbanti che la sua bambina aveva appena subito. Aveva appoggiato entrambe le mani sui braccioli della poltrona. Con la mano destra mentalmente sfiorò le morbide piccole mani di lei. Che sentiva lì accanto.
Lontana e vicinissima. Come può essere lontana fisicamente e geograficamente la persona che amiamo, se vogliamo lasciarla totalmente libera. Senza viverle addosso e senza, a nostra volta, farci vivere addosso da lei. Lontano dalla tomba del matrimonio.
La mano di lei aveva corrisposto sfiorando la sua. Preferì socchiudere gli occhi. Inventandosi una penombra interiore come quando lei era qui. Con le tapparelle abbassate. I fumi aromatici delle bacchette di sandalo profumato. E qualche candela. Da quattro anni avevano fatto sempre così. Anche i pranzi e le cene più prestigiose rituali avevano visto accesi solo i candelabri.
Poi si erano abituati a essere più sbrigativi. In cucina. Anche lì , un candelabro.
Afferrò la mano di lei. Che corrispose alla morbida delicata stretta. Vedeva il suo sguardo nella penombra interiore. Sentì pulsare dentro l'anima quel tremore e quel sussurro che non si era mai sopito. Quando erano insieme davvero. E ora men che meno.
Baciò mentalmente le nuove cicatrici che avevano ferito il suo corpo morbido e bianco come latte di mandorla di luna.
Quattro anni prima quando si erano incontrati dopo molti decenni di lontananza, lei aveva aperto la camicetta, abbassato il reggiseno e aveva offerto ai suoi occhi quella piccola cicatrice. Lui gliel'aveva subito baciata. Lei aveva riso. Tutto quel giorno aveva riso.
Delle risate morbide, canterine, allegre e spigliate.
Quando, poi, dopo quella giornata magica l'aveva riportata al suo paese, lei gli aveva detto con gli occhi lucidi, intensi e luminosi, che aveva molto di più riso in quel pomeriggio che non negli ultimi 35 anni di vita coniugale…
Sentì un fremito piacevole e intenso che gli partiva dal plesso solare. Gli saliva su in gola. Per arrivargli fino ai neuroni.
Al cuore.
Ai sensi.
Ai nervi.
Al sangue…
Lui riusciva sempre anche durante la lontananza di lei a tenersela vicina. E lei sempre glì diceva che l'aveva sentito. Come quando uno dei due diceva qualcosa a voce o scrivendola nella conversazione in chat… E l'altro, in perfetta sintonia, scriveva o diceva la stessa cosa magari con parole leggermente diverse. Molte volte lei gli aveva confidato che il giorno tale allora talaltra, aveva sentito molto intensamente che lui la stava pensando da lontano.
Avveniva sempre così.
Lui intuiva e sentiva quando lei era allegra, gioiosa, euforica… Dal tono di voce, se era al telefono o di persona presente. E dal contesto delle parole che si scambiavano quando conversavano chattando. O da altro...
Qualche volta l'aveva sentita immalinconirsi.
Quel giorno ad esempio.
Lui ne era certo. Sentiva un suo dolore e anche un suo turbamento. Un disagio che la disorientava. Lei non voleva ammetterlo perché si sentiva imbarazzata. E temeva di disturbarlo.
Ma lui ne era certo.
E intanto teneva la mano morbida e calda di lei tra le sue.
Non osava neanche avvicinare il volto alla sua guancia o alle sue labbra.
Aveva deciso così.
Voleva regalarle coccole e approcci amorosi garbati e delicati e basta. Non meno intensi di quegli altri che si erano sempre scambiati fino a poco tempo prima.
E che presto avrebbero ripreso a regalarsi urlando di gioia.
Anche da lontano lui sapeva che pure in quell' occasione era riuscito almeno in parte a smorzare la malinconia che le aveva invaso l'anima. L'aveva aiutata a dissipare i turbamenti che erano sopravvenuti contestuali . E lui le aveva detto come faceva spesso con il linguaggio della comunicazione a distanza:
"Stai tranquilla gioia.
Quel che succede o è successo ad altri, perché doveva succedere lasciamolo accadere.
Facciamo accadere a noi il bene più grande possibile.
Senza che nulla possa interferire. Disturbare.
Dammi il tuo cuore, i tuoi pensieri mesti, e anche quello che viene dopo… le ombre e i  turbamenti…Ti terrò il cuore fra le mani, l'anima, il pensiero, la mente. Ti aiuto io a volare solo con me e io con te…"
Poi preferì ritornare alle sue occupazioni quotidiane. Concludendo le parole che aveva appena scritto nell'aria in forma di racconto. E si preparò a mandargliele.




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