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mercoledì 18 luglio 2018

RACCONTARE IL FUTURO

RACCONTARE IL FUTURO»

Stava ora passando di nuovo per quella stradina. Era rimasta attratta da un brulichio giù in basso in mezzo all'erba. Forse era una lucertola che stava scappando inseguita da un ramarro o qualcosa del genere.
Aveva tempo.
Si accucciò giù come faceva quand'era bambina.
Seduta sui calcagni.
Le gambette bianche e nude dalle quali era scivolata indietro la gonnellina.
Ricordò che la mamma la sgridava sempre per stare in quella posizione:
"va bene che sei ancora una bambina piccina ma non mi pare conveniente stare così che fai vedere le cosce… Mettiti più composta. Copriti le gambe. Dài…!"
Ricordava che allora aveva cinque o sei anni. Si abbassava a guardare quel mondo i mezzo all'erba. E guardandolo così da vicino le sembrava una foresta ammazzonica.
Con le formiche grosse panciute di colore rosso e nero. I fili d'erba.
I sassolini minuti e la ghiaia. Sotto il braccio la sua bambola di panno lence.
Che le faceva compagnia.
E guardava con lo sguardo assorto. Ed era stato allora che si era domandata: «ma come fanno i grandi a dire sempre che loro ricordano che un tempo avevano fatto questo e avevano fatto quest'altro… A me non capita mai… Forse perché sono ancora così piccola e non ho tanti ricordi indietro? Mi rompe un po' le scatole che tutti dicano che ricordano il passato. Io voglio rovesciare la situazione.
IO VOGLIO RICORDARE IL FUTURO…! Ahahahahahah…»
E anche adesso che aveva 13 anni, le gambette bianche le si modellavano e presto sarebbero diventate quelle di una ragazzetta quasi adolescente, si era messa in quella stessa posizione. Stava sì ricordando il passato di quand'era più piccola.
Ma di nuovo era convinta che lei voleva RICORDARE IL FUTURO!
Non capiva bene cosa stessero facendo quegli animaletti in mezzo all'erba foresta amazzonica.
Ma guardava così… gratis.
Poi si rialzò da quella posizione.
Si rimise a posto la gonna.
E sorridendo dentro continuò quel gioco mentale che stava facendo DI RICORDARE IL FUTURO.
Alcuni particolari non riusciva a ricordarli bene. Era stata abbastanza minuta di statura sempre. Pensò che magari poteva diventare anche un pochino più alta. Pensò che sarebbe diventata una donna. Non riusciva a cogliere sfumature delle novità: avrebbe avuto un compagno? Un fidanzato? Delle amiche? Una famiglia e dei figli?
Passò su questi particolari a volo rapido mentale. Cambiandoli di volta in volta. E dicendosi: oppure sarà così; oppure anche sarà diverso; oppure questo oppure quest'altro…
Delle sue coetanee delle medie avevano già dei ragazzotti più grandi che le aspettavano scuola. Che le prendevano a braccetto mentre tornavano a casa insieme. Che stavano insieme avvinghiati...Ma lei non voleva qualcosa del genere. Nel racconto del suo futuro immaginava, come aveva letto nei romanzi e nei racconti della sua età, che avrebbe incontrato l'uomo giusto, l'uomo ideale, il migliore di tutti… Bello. Alto. Forte. Giovane. E anche maturo. Grande soprattutto. E dolce. Rassicurante. Protettivo. E insieme anche da proteggere…
Sorrise al pensiero dentro di sé. "Protettivo e da proteggere…!"
Come aveva visto in certi film, avrebbe anche potuto restare un po' bassetta di statura. Magari si sarebbe aggrappata al suo braccio andando in giro insieme. Oppure si sarebbero potuti tenere per mano. Oppure avrebbero camminato nei boschi.
Nelle città.
Nelle strade.
Nelle vicende della vita… Sorrise di nuovo pensando a questi discorsi così seri.
E giocando a fare la donnina grande.
A volte metteva insieme dei particolari nuovi.
Non riusciva a vedere esattamente il volto che avrebbe avuto quel suo compagno di vita.
Non sapeva ancora se marito. Fidanzato.
Amante innamorato.
Le sarebbe piaciuto, e nel racconto lo puntualizzava continuamente, che lui si sentisse totalmente libero, di amare lei liberamente e di essere da lei amato liberamente.
Di essere tutto per lei e di avere lei tutta per sé.
In certi momenti lo immaginava con i capelli scuri castani ricci. Vestito di bianco da capo a piedi. Con gli occhi scuri e luminosi insieme.
E l'avrebbe guardato dal basso all'alto adorante e adorata.
Magari avrebbe usato probabilmente le parole che usano tutti in questi casi.
"Ti amo.
Amoremio.
Sei l'uomo della mia vita. Sono la tua donna…
Ma sono anche e resterò per sempre la tua bambina. La tua Nini. La tua ragazza…"
Sorrise turbata e un po' vergognosa ma anche compiaciuta di essersi definita la sua donna. E di averlo chiamato amoremio. Quando a casa si guardava allo specchio, notava il suo caschetto di capelli biondi i suoi occhi bellissimi. Il suo corpo minuto. E non sapeva se desiderare intensamente di avere un'evoluzione anche fisica nel corpo diventando donna. Con i seni. Con gli studi alle superiori da grande. Con il permesso di uscire con quell'uomo lì che ogni volta assumeva sfumature e particolari nell'aspetto.
Ma che senz'altro doveva avere la barba cortissima.
E una voce calda. Accogliente.
Morbida.
Forte e insieme dolcissima e tenera…
Lui l'avrebbe portata a  far dei giri in moto?
In auto?
Magari con una macchina scoperta?
Sarebbero stati insieme seduti sulle panchine nei viali e nei parchi tenendosi per mano?
Dandosi baci?
Si sarebbero intrattenuti nella penombra nell'intimità dei loro corpi e delle loro anime e del tepore dei loro fiati? Queste cose non le sapeva ancora bene vedere.
Non riusciva ricordarle bene. Non c'erano ancora mai state…
La stradina era terminata. Andò a prendere il sacchetto di pane come le avevano detto. E si apprestò a ritornare a casa. E mentre tornava a casa era la ragazzetta tredicenne dalle gambe bianche e dagli occhi azzurro intenso.
Ma era anche la bambina che si era accucciata seduta sui talloni delle sue scarpette di tela verde.
Con le gambe un pochino scosciate. Tanto la mamma non era lì a vedere… E un barlume le fece capire che oltre che la ragazza la bambina era anche la donna che sarebbe diventata. Le venne un fremito. Come un tremore. Sentì che ogni persona non è solo quella se stessa di quel momento lì. Ma che è  la persona che è stata. Quella che sarà. Quella che vuole essere e che riuscirà ad essere.

Era tornata dal lavoro un po' stanca. Per passare a prendere il pane aveva traversato la stradetta con ciuffi d'erba. In un angolo giù in basso aveva visto qualche cosa muoversi. E le era tornata in mente la se stessa dalle gambe tornite bianche. Che era anche la bambina con la bambola sotto il braccio…
Il tempo prolungava quel pensiero diffuso. La disorientava e insieme le piaceva sentire che non si è mai soltanto qualcosa di fisso di fermo ed immutabile. Ma si è in un continuo divenire.
A casa aveva ancora un po' da stirare. Quel giorno aveva incontrato il suo lui. Il  lui quello vero. Non quello ufficiale. E mentre erano insieme nell'intimità si era sentita la ragazza è la bambina che era stata. E con voce umida e sottovoce glielo aveva raccontato e ne avevano riso compiacendosi insieme. Lui le aveva raccontato delle cose analoghe di se stesso. Con la sua voce baritonale.

Il microfono era sempre attivo. La cuffia dalle orecchie ogni tanto gli scivolava giù. Come faceva sempre anche quel racconto l'aveva scritto tutto d'un fiato. Dopo averlo meditato tutto il giorno. Con tutte le varianti.
Come quando si faceva scorrere nelle mani dei frammenti di pellicola del film. E vedeva le varie sequenze successive. La bambina accucciata. Il suo sorriso curioso e morbido.
La ragazza l'adolescente la giovane donna… Le aveva viste tutte insieme. Nello sviluppo successivo. E fuse in un unico istante, in un'unica entità in un'unica persona. Come quel giochino che si faceva una volta con il blocchetto delle parti di carta staccate in alto al block-notes. Che rimangono ancora cucite insieme con il punto metallico. E sui frammenti di carta si disegnavano sequenze successive. E poi facendole scorrere con il pollice simulavano un movimento e un'evoluzione.
Anche lui aveva usato quel termine: "CIMENA", deformazione del termine usato per i film. Con il gusto autocompiaciuto del vezzo infantile di trasformare la parola.
La pellicola e il blocchetto di animazione di carta. E la ragazza che diventava donna e che tornava ad un piccolo tocco delle dita adolescente ragazza bambina avanti indietro continuamente.
Si era divertito quel giorno anche solo a stare ad ascoltarla. Con la sua voce che aveva risonanze di donna, di ragazza, di bambina… Aveva passato delle ore incantevoli. Lei ora era nel suo altrove. Libera. Di fare delle altre cose. E a tratti a pensarlo. Come faceva lui. Proprio in quel momento. Mentre dettava le ultime battute di quel racconto.
Al quale aveva deciso di apporre quel titolo intenzionalmente trasgressivo:
«RACCONTARE IL FUTURO»
Rilesse  il racconto. Fece il copia-incolla inserendolo nel software che glielo avrebbe riletto tutto con voce sintetica.
La  pagina di whatsapp lo accolse.
E sentiva e leggeva già le parole di lei che gli sarebbero arrivate quella sera:
«Meraviglioso   il tuo racconto. Meraviglioso il nostro racconto. Grazie amore. Ti volevo raccontare che oggi…»
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

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