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domenica 1 luglio 2018

LA VITA È SOGNO…?…!

LA VITA È SOGNO…?…!



Quello  che stava vedendo era assolutamente impossibile e incredibile.
D'altra parte quella non gli sembrava proprio una trasmissione televisiva. E neanche un film. Non c'erano stacchi tra una sequenza all'altra. Il film è una finzione anche se che vi assiste all'impressione di immedesimarsi nella vicenda. Tutti lo sappiamo, però non ci pensiamo ogni volta che assistiamo a un film.
Lì, in quella specie di visione narrativa, era come essere dentro. Direttamente. Fisicamente. Si sentivano i rumori di sfondo. Addirittura gli odori…
I campetti di calcio erano vicini l'uno all'altro. E vigeva una stranissima inusitata dimensione di assoluta libertà. Tant'è vero che il ragazzo si era permesso di accendersi una sigaretta. Ma non fidandosi del tutto la teneva tra il pollice e l'indice. Che gli scaldava il palmo della mano. E qualche volta riusciva anche a infilarsela così accesa nella tasca. Quando incontrava "quelli là". Stranamente accondiscendenti. Quasi distratti. Forse anche loro mescolati alla gente si vergognavano a svolgere il loro ruolo di cani da guardia. Di secondini.
Le luci erano ad altissimo livello ed erano distanti dal suolo decine di metri. Intorno turbinavano nugoli di zanzare e moscerini.
Dai vari campetti si levavano urla di incitamento o di rabbia o di sostegno. Lui ne era immune.
Estrasse di tasca la mano calda della brace della sigaretta, e diede un tiro piacevole. Ormai non tossiva più quando mandava giù quel fumo azzurro.
Tutto qui.
Sul lato in fondo, dopo i piccoli campi verdi disegnati di polvere di gesso, macchie di verde intenso.
Una rete metallica cintava gli orti. In qualche punto mostrava delle falle da cui era facile passare. Nella penombra luccicavano di rosso intenso i pomodori appesi. Sfiorandoli emanava un profumo molto forte di quelle foglie.
Bastava afferrarne qualcuno. Ancora tiepido di sole. E poi addentarlo facendo attenzione a non far colare sulla divisa il succo pieno di semi.
Le mani bagnate se le poteva asciugare nel fazzoletto che aveva in saccoccia.
Con il compagno che gli camminava a fianco si trovò di fronte un gruppo di ragazze che ridevano. Molto giovani. Più giovani di lui.
Ma che razza di film era questo? Con gli odori, le zanzare che beccavano, il fumo caldo della sigaretta che andava nel palato e poi giù in gola, e il gusto caldo della polpa di pomodoro…
Il ragazzo che gli camminava a fianco sembrava davvero una comparsa. I gesti che faceva erano prevedibili. Non aveva autonomia. Neppure quando si avvicinarono alle ragazzette. Il compito gravoso fu tutto e solo per lui.
Le risate rituali delle ragazze erano un suono gradevole e di sfondo.
Più oltre, e non ricordava neanche quello che lui aveva detto e cose gli avessero risposto loro, una zona di buio più intenso… Come un'altra dimensione…
Una sagoma nera avvolta in un immenso mantello, dal passo affrettato… Più voluminosa del normale. Sporgeva dalla mantella scura la custodia di un violoncello…
Doveva far presto. Passare un salto dalla vecchia casa. Abbracciare e baciare il volto di donna al quale pensava spesso. Ingozzarsi di cibo. E poi di nuovo con passo molto affrettato. Bisognava tornare.
Stava piovendo. Il grosso ombrello scuro lo proteggeva. E ogni tanto lo usava come schermo quando temeva di incontrare qualche aguzzino e secondino… Ma erano spesso fantasmi. Proiettati dalla sua mente. Una volta sola gli parve di vedere il polacco. Dalle scarpe scalcagnate. Bassetto.
Abbassò ancora di più l'ombrello e accelerò il passo.
Era appena rientrato, deposto l'ombrello, la mantella, e ritirato il violoncello con la sua custodia. Si era messo nel suo banco e faceva mostra di leggere il libro della lezione.
Il volto torvo del polacco  si affacciò e lo guardò indispettito. Lui si grattò con noncuranza un orecchio. Ma dove sto andando? Dove sono qui si diceva continuamente…
La bambina della terza C. Lo stava guardando con occhio attento affettuoso stupito curioso e quasi disperato.
Aspettava intruppato coi compagni che il professore di latino della prima ora venisse ad accompagnare la classe nell'aula…
La fotografia dei capelli biondi a caschetto, con la frangia, continuò a seguirlo col suo sguardo che era una domanda, una risposta, un sogno…
Anche questo mi doveva capitare…!?
Un viaggio interminabile… A piccoli passi. In tempo reale. Nel film della rivisitazione di tutto.
Poi, all'improvviso, a scuoterlo da quella dimensione magica e insieme preoccupante, il biribì sonoro dello smartfon…
Si riscosse.
"… Signor… La stiamo contattando per farle una proposta molto vantaggiosa. Offriamo un servizio di luce e gas a lei particolarmente favorevole… Lei che gestore ha attualmente…?"
Come faceva sempre in quei casi, usò un tono duro, irritato ma calmissimo, ribattendo che il numero telefonico suo era riservato, e che perciò lui avrebbe subito contattato la polizia postale…
Altre volte, massimamente offeso e disturbato, quando gli dicevano che loro erano della… e nominavano un gestore di servizi… Aveva risposto chiedendo le generalità dell'interlocutrice: affermando che lui faceva parte del servizio ispettivo dello stesso servizio luce e gas… Si sentiva un grande stronzo in quel momento. La telefonista del call center, spaventata, chiudeva subito la telefonata...
Avrebbe voluto prendersela con chi aveva assunto in nero quella povera tapina come tante altre, e invece si era limitato a trattar male lei… Che aveva biascicato a fatica con l'accento straniero il ritornello al quale l'avevano addestrata…
Il ricordo del film era diventato ormai soltanto una vaga impressione. E neppure più si domandava cosa fosse successo in quelle visioni.
Si accese la pipa.
Spense il condizionatore.
Stava viaggiando a manetta da qualche ora e cominciava a sentire troppo fresco.
Freddo quasi addirittura.
"Si, la tua infanzia, già favola di fonti…"
E riprese le sue abituali routine. Apparentemente vuote. Ripetitive. Senza senso e senza scopo.
D'altra parte qual era lo scopo di tutto quello?

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