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lunedì 4 maggio 2020

UN'ALTRA SPECIE di…" DOPO"…

UN'ALTRA SPECIE di…" DOPO"…
Il caffè col miele l'aveva già bevuto. Riempì ora la tazza con un misurino di polvere di radice brasiliana. E ci fece scendere sopra dell'altro caffè molto diluito.
Da quando aveva smesso di usare salumi si limitava a fare colazione con i formaggi che aveva in casa. Avviò quindi la macchina del pane inserendo gli ingredienti.
Avrebbe procurato nuove tome saporite di montagna.
Sulla fetta di pane dispose uno strato molto sottile di burro. E sopra ci stese la marmellata che aveva già avviato: ribes…
Acciughe e pasta d'acciughe le aveva ormai riposte solo per casi eccezionali. E oggi non era un caso eccezionale. Il percorso era lungo e voleva evitare troppe soste. La ghiandola prostatica attendeva di risolvere i problemi.
Qualche fetta di pane l'aveva ancora però. La sistemò in una scatola di quelle da frigo. E preparò la borraccia termica per l'acqua fresca. L'avrebbe riempita solo all'ultimo momento per conservarne la temperatura.
Allo specchio gli apparve un volto praticamente identico a quello di sempre.
Avrebbe dovuto confrontarla con quella delle fotografie degli anni scorsi. La differenza c'era. Ma lui preferì accontentarsi del volto un po' scarmigliato che il vetro dello specchio gli rimandava.
Già…
Era la procedura e il rituale che aveva sempre usato. Soprattutto negli anni passati. E da un po' di tempo aveva ripreso.
Abbastanza massacrante, viaggiare a 90 all'ora sulla strada e sulle superstrade. Però il vantaggio c'era. Finché stava nelle zone di pianura e prati ne sentiva il profumo. D'erba tagliata quantomeno. E quell'intenso odore di acqua stagnante delle risaie.
Con il casco e con il rumore del motore non riusciva a sentire o a distinguere il gracidare delle rane che un po' alla volta avevano ripreso a popolare le acque. E che i serpenti d'acqua adocchiavano subdoli per catturarle e ignorarli in un boccone.
Poi c'erano le zone fresche per il verde delle immense chiome degli alberi.
Non faceva ancora molto caldo a quell'ora. Anche perché la velocità rinfrescava.
Quando percorreva quella particolare strada in mezzo al diffuso bosco quasi da foresta, anni addietro ci aveva fatto delle fantasie narrative. E quando era in auto le aveva dettate sul tablet o sul telefonino. Con il software di riconoscimento vocale. Era riuscito anche a buttar giù dei testi poetici. Il problema era quello del andare a capo. Non sempre il dispositivo obbediva all'ordine. Ne risultava un testo continuo. L'avrebbe poi sistemato con calma aggiustando anche in termini. Eliminando le ripetizioni. Effettuando sostituzioni e inserendo vocaboli più adatti.
Quasi sempre poi prima di essere arrivato a destinazione li mandava a lei. Sia che stesse tornando dopo averle fatto visita. Sia pure al contrario. E appena lui arrivava lei lo ringraziava dicendo che aveva fatto a tempo a dare una lettura veloce.
I testi erano spesso corredati da foto prese in rapide soste quando era su due ruote. O talvolta addirittura scattate senza fermarsi o rallentare quando era in auto.
I tempi di percorrenza si dilatavano notevolmente. Per le soste. Per i rallentamenti. Per l'invio dei messaggi vocali e di immagini.
Particolarmente diventavano lunghi quando andava nell'estate per le sue valli.
Amava e adorava la Val d'Ossola.
Era lunga certo. Ma alla fine lo sapeva… Dopo Crodo, Baceno, e poi Premia che era all'imbocco dell'ingresso poco più avanti per la Formazza.
Spesso incontrava i mercatini e banchetti che vendevano oggetti pseudo esotici. Una tipa che poi gli aveva spiegato di essere polacca, con il figlio che però non sapeva parlare assolutamente in italiano, gli aveva raccontato ogni volta che venivano per vendere dal loro paese. Purtroppo gli oggetti pullulavano anche di paccottiglia dell'ex unione sovietica. E dal suo paese di lei, per la passione e la simpatia nefanda del nazifascismo, piccole riproduzioni di Mussolini con l'elmo. Stelle uncinate.
L'aveva comprato li sia il primo come pure il secondo coltellino a serramanico. Il primo se l'era perduto. Avevano una buona lama che sembrava d'acciaio. Ed erano molto comodi per le sue merende.
Sistemato il pane, riempì la borraccia termica. Per precauzione prese con sé anche un altro coltellino d'acciaio a serramanico. Essenziali per le sue merende a bordo della moto.
E poi c'era sempre il dubbio lessicale linguistico: vista la cilindrata poteva essere definito sia scooter, sia maxi scooter, ma anche eccezionalmente moto…
Sceso nel box sistemò meglio sugli scaffali di legno, dopo averla ripiegata, la copertura col pelo sintetico del copri gambe. L'aveva appoggiata da un po' di giorni sul bagagliaio dell'auto. Ogni tanto riusciva anche a fare ordine tra le sue cose.
Aprì la porta metallica basculante. Tolse il cavalletto laterale e spinse piano piano la moto, scooter o quel che era, nello spazio antistante. Naturalmente dopo aver infilato le chiavi per liberare il bloccasterzo.
Benzina ne aveva abbastanza. Il consumo era modesto. Riusciva con un litro a fare 25/28 chilometri. Il problema è l'handicap era quello della limitatezza del serbatoio. Era un mezzo adatto prevalentemente per la città e per gli spostamenti brevi. Almeno qualche volta avrebbe dovuto fermarsi a fare rifornimento.
Con il precedente scooterone utilizzava anche il gpl. E tutte le volte quando faceva rifornimento gli addetti ai distributori sgranavano tanto d'occhi, chiamavano gli amici a vedere e qualche volta fotografavano l'impianto. L'impianto che era una grandissima schifezza! Erano kit provenienti dagli ex paesi socialisti, dell'est europeo. Guarda caso quello proveniva proprio dalla Polonia. Non si riusciva a percorrere più di qualche decina di chilometri che si bloccava la centralina. Bisognava fermarsi. Magari passare a benzina e dopo un po' si poteva ripartire. Consumava pochissimo certo. Però alla fin fine raddoppiarva i tempi.
Ora, con questo, l'handicap era quello del serbatoio troppo piccolo!
Una volta addirittura, dopo che continuava a calcolare il consumo sogguardando il contachilometri parziale, era riuscito a fare benzina giusto a Villadossola... Appena in tempo per non restare a secco. Verificò che disponeva in quel momento a mala pena di mezzo litro. Una decina di chilometri di autonomia o poco più e poi…!
Ci aveva riso quella volta. Solo dopo però. Non mentre faceva i calcoli cercando di ipotizzare il consumo. Mancava su quel mezzo la spia che indicava la riserva. E bisognava continuamente fare calcoli, azzerando il parziale…
Mentre si avviava, uscendo dalla città e dirigendosi verso le spianate tappezzate dei riquadri e dei trapezi delle risaie, come sempre cominciò il suo dialogo interiore.
Talvolta, se era partito con un motivo musicale in mente continuava a ripeterselo. E riusciva a silenzi aree la musichina, soltanto iniziando un dialogo. Raccontava se stesso, alla sua lei, o a qualcuno del suo passato…
Un dialogo più intenso avveniva quando andava a trovare "i ragazzi"; come chiamava i suoi estinti al cimitero di Cilavegna. Non parlava con tutti indifferentemente. Ma aveva le sue predilezioni. A volte simulava addirittura con se stesso che specialmente sua madre gli rispondesse. Molte volte si era fatto raccontare sorridendo sornione tra sé qualcosa. Spesso con la fantasia lei gli diceva parole da riferire alla sua amata. Di stare tranquilla. Che lui era una persona ottima e molto raccomandabile. E che presto lei avrebbe risolto tutti i suoi problemi soprattutto di salute…
Mentre si dirigeva ora verso la sua meta agognata delle montagne, si accontentava di canterellare; oppure ripeteva interi brani di poesie. Qualche volta raccontava a un destinatario immaginario la trama di qualche libro.
Quando era particolarmente creativo raccontava la trama di un racconto che non aveva ancora scritto. Di un romanzo… Poi avrebbe ricordato tutto e quando l'interlocutrice del suo cuore fosse stata presente, le avrebbe regalato il malloppo di pensieri e di parole.
L'aria non era troppo fredda. Sulle mani comunque aver indossato i guanti perché la velocità avrebbe rischiato di raffreddarle troppo.
Aveva ancora in mente immagini e fotografie visive della sera precedente.
Lei gli aveva detto che sarebbe arrivata non troppo presto. E invece a metà pomeriggio era già lì. E si era fermata fin quasi a mezzanotte…
Qualche volta, e anche ora, più che altro per il vezzo e il gusto di giocarci, aveva montato sull'apposita struttura delle asticciole che reggevano il parabrezza, il suo telefonino. Dopo avere lanciato il software di navigazione.
Da quando il navigatore Tom Tom aveva smesso di funzionare cominciando ad andare in tilt, questa era un'ottima soluzione. Lo schermo non era molto diverso come dimensioni. E se voleva sentire i comandi vocali bastava infilarsi gli auricolari.
Riandò intanto ai tempi passati di qualche anno prima. C'era stato quel periodo terribile. Un incubo. La pandemia galoppante si era diffusa dalla Lombardia al Veneto. Poi al Piemonte. E intanto si sapeva che stava navigando in tutto il pianeta.
Divieto di muoversi. E ancor più di avvicinare persone. Come nelle pestilenze del passato. Obbligo di indossare una mascherina. Di non lasciare il proprio alloggio. In attesa che…
A molte persone il periodo era parso interminabile. C'erano stati gli stupidotti che avevano come era prevedibile trasgredito le regole. E le terapie intensive si erano riempite. E spesso anche i cimiteri. In molte parti del pianeta non erano gli sciocchi sprovveduti a soccombere. Ma chi non poteva starsene in casa al sicuro perché non aveva una casa. E anche qui da lui, i nomadi, i clochart…
Naturalmente ci furono personaggi disumani e le loro organizzazioni che accusarono il governo centrale e la sua équipe di sanitari e scienziati di avere un atteggiamento autoritario e dittatoriale. E chi lanciò queste cretinate era l'omino della nutella e della birra, che prima di farsi da solo lo sgambetto di ritirarsi dalla scena, aveva affermato probabilmente quando aveva bevuto troppo mojto o birra che lui chiedeva al popolo italiano di poteri assoluti. Ci fu un altro tipo, di bassa statura umana politica e intellettuale, che pure aveva usato il potere personale in modo quasi assoluto, che aveva dato voce anche alle vittime già morte, chiedendo per tutti la libertà di muoversi.
Trasgredendo le regole.
Perché poi c'era stata quella fase, successiva allo scatenarsi del male, in cui era stato programmato di riprendere gradualmente tutte le attività… Continuando a rispettare, in attesa di vaccini, antivirus e farmaci adeguati, il distanziamento fisico e sociale.
Lo squallido omuncolo politico era riuscito ad acquistare la fama il prestigio politico lanciando proclami: lui diceva che voleva rottamare tutto quello che c'era che non funzionava… Ingenuamente tutti i suoi elettori pensarono che chi rottama, cioè toglie di mezzo elimina e distrugge, prima o poi avrebbe buttato via e distrutto anche le cose che a lui elettore risultavano inutili e dannose.
Per fortuna che da leader politico premier decadde dopo aver cominciato a "rottamare" men che meno la massima carta, cioè la costituzione della Repubblica!
Ora si stava approssimando alle curve che costeggiano il Cusio. Il suo amato lago d'Orta. Quello di Rodari. Lui ce l'aveva sempre nel cuore.
Non c'erano brume. Il cielo era abbastanza terso. Solo qualche leggera striatura di bianco e di grigio di nembi e di cirrostrati. Sembravano disegnate e pennellate sul fondale celeste.
Gli venne in mente di nuovo la situazione che lui e tutti avevano vissuto diverso tempo prima.
Strade, piazze, città totalmente vuote e deserte. Ogni tanto piccoli drappelli di vigili, carabinieri e poliziotti, per controllare che fosse giustificato lo spostamento di chi si imbatteva il loro. Era necessario compilare una autocertificazione. Con i propri dati e le motivazioni. Sono casi urgenti erano tollerati. Salute. Acquisto articoli di prima necessità e sopravvivenza.
Successivamente forse organi appositi avrebbero controllato la veridicità delle dichiarazioni personali.
Anche lui se ne era stato recluso in casa. Abituato a ciò da molti anni.
Avevano definito l'obbligo della distanza, con il termine "distanziamento sociale", che di fatto comprendeva un distanziamento fisico…
Era riuscito a sopravvivere. Al disagio. E anche alla pandemia che aveva falcidiato da tutte le parti. Soprattutto persone in età abbastanza avanzata quale era la sua. O con patologie a rischio.
Ogni giorno, il bollettino di guerra… Col numero complessivo degli ammalati, dei guariti, dei ricoverati in terapia intensiva, compresi quelli che erano portatori sani. Gli untori della peste milanese manzoniana.
I catastrofici avevano previsto il peggio: mai più si sarebbe tornati a una vita come prima.
I faciloni che l'avevano paragonata a una influenza.
Gli ottimisti pieni di speranza, che avevano rispettato le regole. Unica terapia almeno nei primi mesi: evitare assolutamente i contatti. Ogni contatto poteva essere un contagio. Per se stessi o per gli altri.
Sia lui che la sua amata lei, avevano a lungo riflettuto. Entrambi confermando a se stessi e all'altro la propria scelta. Non obbligata, ma intenzionale e di qualità.
Era passato un tempo abbastanza indefinito. Difficile da misurare con i criteri normali.
Un tempo immenso? Oppure un tempo brevissimo, fulmineo, e quasi istantaneo?
Era comunque passato il tempo. Era stata prudentemente accantonata alla pandemia. Come pure i distanziamenti, i sistemi protettivi, le regole severe e ferree.
Erano stati individuati rimedi sanitari. Si poteva uscire dall'incubo. O quanto meno affacciarsi verso il futuro.
Quando lui l'aveva rivista, dopo tanto tempo di lontananza, l'aveva trovata cambiata. E glielo disse. Lei rise, compiaciuta, quasi si trattasse di un complimento. Sostenendo che era sempre la stessa… E non capiva come lui la potesse vedere addirittura ringiovanita.
Lui le disse che gli ricordava l'affascinante adolescente di molti decenni addietro!
Lei pure, senza definire o descrivere i particolari, gli disse che lo trovava in perfetto stato. I capelli abbastanza radi come prima. Diminuite le rughe. La sua aria fiera ancora più altera denotava anche per lui quasi un ringiovanimento.
Superato il Cusio, imboccò con lo scooter l'autostrada. Che presto si trasformò nella superstrada dell'Ossola. Si fermò per il carburante. E riprese il viaggio.
Superato Crodo, dove si era fermato ad acquistare le deliziose tome ossolane, e il pane con l'uva, prese a imboccare le gole strette che aprivano la Formazza.
Era tutto come era stato nel passato: mesi prima? Anni prima? Ma quanti esattamente?
Si fermò a curiosare alle bancarelle polacche.
Acquistò qualche paccottiglia non vergognosamente vetero fascista.
E infine…
Dopo gli ultimi tornanti e la galleria gelida, il cuore gli si spalancò!
Era partito abbastanza presto. Preferì arrivare alla cascata. Superarla.
Sapeva che lo aspettavano le fontane con le vasche di acqua dove bevevano spesso le mucche. E bevve alla cannella sorsate avide d'acqua gelida. Vuotò e riempì di questa nuova delizia la sua borraccia termica.
E come aveva fatto infinite volte, parcheggiata la moto, portò le sue vivande sulla panchina di pietra davanti alla chiesetta.
Disposto un fazzoletto ampio sulle ginocchia, con il coltello d'acciaio luminoso, tagliò il pane, le tome… E come aveva sempre fatto fece la sua colazione solitaria.
Senza smettere mai il suo dialogo interiore con la sua amata, ora in perfetta salute e addirittura ringiovanita. E si disse quello che si erano detti infinite volte prima dello tsunami pandemico virale: tu sei il più grande amore della mia vita. Tu sei l'unica donna ragazza bambina che io abbia veramente amato. E come tu dici a me io sono e sarò l'uomo della tua vita!
Le poche persone che aveva incrociato alla latteria cooperativa di Crodo, come ora qui in valle quelli che passavano con i loro scarponi, i calzettoni e impugnando i bastoni da cammino, sembravano tutti aver dimenticato la sciagura scampata.
Lui l'aveva semplicemente messa da parte. Il ricordo indelebile in un angolo della mente era sempre presente.
Le varie pestilenze di molti secoli addietro… La spagnola di cent'anni prima… L'Hiv… Continuavano ad esistere.
Ma forse c'era stato quello che il viennese aveva definito "rimozione".
Fingere di dimenticare. Per non avere davanti continuamente quella macabra visione. Quei lutti. Quel terrore. Quel panico diffuso. Misti tutti quanti alla distrazione di massa superficiale di chi aveva continuato a dire che era stato soltanto qualcosa di più di un'influenza stagionale…
Nel frattempo qualcuno aveva ricordato che andava potenziata la ricerca. Rifinanziata e rimpinguata di risorse la sanità. Attivata la formazione anche a distanza per alunni e studenti. Il telelavoro che risparmiava tempi morti spese inutili ed era molto proficuo.
Rimeditate regole di igiene e di prevenzione.
Gli assembramenti di massa erano gradualmente diminuiti. Gli stadi si erano abbastanza svuotati soprattutto dei facinorosi delle curve aggressive. Discoteche avevano diminuito le frequenze. A vantaggio di sale cinematografiche e teatri. E saloni di concerti.
Senza ricordare continuamente lo sconvolgimento, sembrava che qualche lezione di umanità l'avessero imparata.
Chi vivrà vedrà, si era detto sbocconcellando il pane e formaggio di montagna.
Aggiungendo tra sé: se è vero che sono ringiovanito, e se è ringiovanita anche la mia amata, vedrò i prossimi decenni di vivere in un modo ancora più intenso.
Speriamo che di nuovo come in quell'episodio increscioso e lungo, tutti noi riusciamo a scegliere persone sagge, di buon senso, equilibrate a tenere le redini del paese.
Cercò di rimuovere con un certo dolore fastidioso, il pensiero delle devastazioni che in Asia Africa e America latina il morbo nefando aveva pesantemente operato.
Scattò qualche fotografia come sempre lì del passo della Frua.
Come in passato non c'era campo cellulare a sufficienza. Quando avrebbe ripreso la strada del ritorno con lo scooter rombante, avrebbe fatto una piccola sosta, per inviarle alla sua principessa! Insieme un vocale…
E a qualche frase che lei gradiva sempre…
E la salutò mentalmente…

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