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domenica 12 settembre 2021

EFFACEZ LE TABLEAU

 EFFACEZ LE TABLEAU

(cancellate la lavagna)
Filtra, dalla celata del casco, il puzzo sgradevole e amaro di diserbanti. E insieme di concimi chimici. Smorzato solo un poco dall’odore verde del grano tagliato.
Non vado in nessun posto. Sono i luoghi che mi vanno. Sono loro che vengono da me. Ci scivolo sopra e accanto. Non porto niente con me. Dismessi i ricordi insistenti e grevi. Lasciati distesi nei loro letti a guardare il soffitto. E neppure li posso seguire, visto che stanno là, muti, inermi, assenti. Non chiederlo neanche. Con la spugna inzuppata d’acqua pulisco la lavagna appesa. Che resta a luccicare un poco ancora, del suo bagnato che cola.
Il nero vasto di ardesia non reca più parole, versi, sintagmi. Rimossi. Cancellati via. Presto dimenticati. Né serve, o può portare ancora oggi sollievo alcuno, tenerli lì a galleggiare, come nuvole, o voli di aironi grigi, o stormi di rondini squittenti.
Lasciarli scivolare via. Stemperarsi e svanire. Dimenticarsi di se stessi nell’oblio volontario e intenzionale.
Probabilmente, senza dubbio, non ci sono quasi mai stati.
Incerti, pure loro, tra l’essere e l’apparire.
Sogni di sogni.
Il pomeriggio avanzato si attarda tra le castella dai nomi che richiamano un tempo desueto. Biandrate. Villata. Recetto che non è più ricovero protetto per nessuno.
Resti e ruderi mortificati dallo scorrere degli anni e dei secoli.
Medioevi più recenti, doloranti, agonizzano mentre il silver wing 400 borbotta i suoi borborigmi meccanici.
E dopo il tardo pomeriggio comincia a dilagare la sera.
E poi la notte, del buio scuro.
Sopravanzano incespicando sui propri passi frammenti onirici, prossimi compagni del sonno.
Ancora, indiscreto perdura l’odore del diserbo e dei concimi. Con pennellate di afrore del metano degli stabbi e delle stalle. Più invasivi ancora dei combustibili fossili.
In qualche terra lontana, dai turbanti barbuti, raffiche di mitraglietta fanno fuggire i chador e i burka. A nascondersi nell’ombra delle case d’argilla.
I ricordi recenti rimangono sdraiati, distesi a guardare il soffitto. Impotenti, inani.
Michele Francesco D'Agata
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