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martedì 10 novembre 2020

LUPUS IN FABULA

 LUPUS IN FABULA

(… O qualcosa del genere…)
Non ho molti contatti. Sociali e di frequentazione intendo dire. Però anche a me capita, come oggi ad esempio, che qualche persona che conosco passi a peggior vita… Venga cioè a mancare.
Nel caso delle due persone di cui ho appreso notizie oggi senz’altro il parlarne bene è addirittura ovvio oltreché doveroso e obiettivo.
Ma dato che spesso avvengono episodi luttuosi, negli organi di informazione, nei media e nei cosiddetti socialnetwork, faccio qualche considerazione in proposito.
Mi è capitato di leggere commenti encomiastici, spesso al limite dello stucchevole esagerato.
E dato che mi piace molto l’autoironia, provo a dare un suggerimento. Il mio destino, fato, demiurgo, le mie Parche voglio dire, attraverso la voce graziosa e graditissima della persona che amo mi ha augurato, auspicato, con un suo vaticinio amoroso che probabilmente sopravviverò ancora per qualche decennio...
In dialetto novarese verrebbe da dire: “troppa grazia Sant’Antonio…”.
Però voglio stare al gioco. Nel caso in cui il vaticinio formulatomi abbia ad avere fondamento, fra qualche decennio (o addirittura anche dopodomani…!), mi permetto di dare un suggerimento.
Se verrò menzionato, dato che cercherò di far tutto in sordina, quatton quattoni e di nascondone, senza esequie pubbliche, funerali o quant’altro, con cremazione dei miei consunti resti umani, invito e prego chi vorrà ricordarmi di evitare paroloni…
Capita troppo spesso di leggere che il/la tal dei tali, scomparsi alla luce del sole, erano: persone straordinarie, eccezionali, meravigliose, le migliori possibili…
Palle di fra Carlo naturalmente! Dato che finché anche costoro erano in vita, vicini di casa, di pianerottolo, congiunti, parenti e chicchessia, tiravano su costoro peste e corna!
È mai possibile che uno debba aspettare di the fungere perché tutti debbano dire che lui/lei erano così e cosà…?!
Quando tutti fino al giorno prima o non li cagavano assolutamente, oppure, al più, storgevano la bocca e guardavano da un’altra parte?
D’accordo, ripeto: quando sarà il mio momento le poche rare e preziose persone che davvero ci tengono a me, sanno che la mia dipartita dovrà avvenire in forma dimessa, “alla buona”, come dicevano una volta i nostri vecchi quando ci invitavano a pranzo o a cena e volevano cercare di sminuire per modestia quanto imbandivano sulla nostra tavola.
Sarò grato, per quanto allora non più in facoltà e possibilità di verificarlo, se si eviteranno assolutamente encomi smargiassati.
“Lui sì che…”; “Sono sempre i migliori che se ne vanno”; “Che brava persona…”, e cavolate del genere.
Già sarà bello, se qualcuno o qualcuna lo vorrà fare, se verranno ricordate le parole che ho detto o che ho scritto… O qualche rara mia azione positiva.
E non si tratta certo di falsa modestia…
Ciascuno di noi (e di voi naturalmente certo) è sicuramente unico, irripetibile, straordinario ed eccezionale. Con merito o con demerito. Come le impronte digitali.
Gradirò , lo dico preventivamente, che se ho qualche motivo per essere ricordato, in bene o in male, mi si ricordi così, e basta. Possibilmente nell’urna/tabernacolo della propria mente e della propria anima.
“Sol chi non lascia eredità d’affetti, poca gioia ha nell’urna…” ci diceva Ugo Foscolo nei Sepolcri.
Una volta ci raccontavano che quando qualcuno sognava la nostra morte, magicamente ci stava regalando anni e giorni di vita ulteriori.
Ho colto l’occasione, partendo da due persone che mi sono abbastanza care anche se non erano miei intimi amici, mancati oggi e i giorni recenti, per fare dell’autoironia.
Di loro è giusto dovuto e naturale dire cose positive: perché erano persone valide.
Risparmiate, dopodomani, fra un anno o fra vent’anni come mi diceva la mia ciccina, di dire a vanvera elogi immeritati da me.
Cercherò di andarmene quando sarà il momento, alla chetichella… O come dice l’immenso per me Enzo Jannacci: “quelli che… votano scheda bianca … per non sporcare”.
L’ironia, come a volte anche il sarcasmo, possono a mio parere servire come bisturi per guardare la realtà, e in questo caso, per me vogliono essere una modalità per esorcizzare qualcosa che prima o poi arriverà… (Sarei tentato di modificare l’espressione: facendo precedere il «poi» piuttosto che «prima»).
Ancora un abbraccio a Mario e ad Alberto… Se credono in una vita ultraterrena, mi auguro che stiano sghignazzando divertiti…
(Mi permetto di rompere il tono serioso e insieme triste con una citazione. La mia anziana zia Luisa, soleva ripetere , in dialetto novarese, quando si parlava di cose e di argomenti preoccupanti o troppo dolorosi: “Ciàh, parluma d’alegar, fioi, quanto la custa na casa da mort…?”)
Rita Venzi
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