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martedì 24 novembre 2020

UN FATTORINO DA CORSA CHIAMATO RIDER

 UN FATTORINO DA CORSA CHIAMATO RIDER

Anche oggi un’altra giornata di corsa. Fredda, addirittura gelida, ma il sudore finisce che ti si congela addosso. I baffi e la barba imperlati di brina del vapore. Benché nascosti sotto la tendina azzurra della mascherina.
Anche sotto il giaccone, la canotta zuppa si incolla alla pelle. Come un manto gelido.
Una giornata bestiale di nuovo. Su e giù dai marciapiedi, con la gente che ti guarda incazzata e scocciata.
-Hai ragione gente- che incrocio bardata al mio stesso modo col naso e le labbra coperte, hai ragione ma io in questo modo sopravvivo… Vivo… Tiro su qualche soldino per pagare quella stanza buia. E per comprare qualche schifezza da cacciare giù in gola.-
Ieri sera mi doveva telefonare la tipa. Ma forse non se n’è ricordata. Stavo davanti a quel tavoletto ingombro di carta. Il portacenere traboccava mozziconi di sigarettine arrotolate. Ciascuna con il suo filtrino.
C’era ancora il cadavere freddo della canna che si era fatto l’altro giorno il mio grasso amico.
La bottiglietta vuota della birra di malto cruda.
La piccola vaschetta di alluminio di riso cantonese.
Gamberetti e pollo con le mandorle.
Sarà, è verissimo, le posate di plastica si spezzano e vanno a finire nei canali di scolo, e alla fine nel mare…
E’ mica colpa mia soltanto se i pesci galleggiano nella plastica…
Un altro lavoro forse l’avrei potuto anche avere.
Ma era andato poi tutto quanto a puttane…
Il cellulare qualche volta si era messo a vibrare accendendo lo schermo. Ma non era mai la tipa che aspettavo. Chi vende i numeri delle utenze telefoniche mobili un giorno dovrà fare i conti con me.
Messaggi.
Se voglio comprare questo o quest’altro.
Che mi invitano a seguire netfix.
Che il mio catorcio di televisore sul mobile là in fondo neppure ci arriva.
Ma la tipa niente…!
Quando alla fine a volte mi whatsappa, è per dirmi di nuovo che mi chiamerà più tardi… Che ha un casino di cose da fare. Che sta un po’ male e a volte un po’ bene…
C’è e non c’è… La sento non la sento… E ancora peggio, la vedo e non la vedo.
Un casino di tempo fa, avevo tolto tutte le schifezze dal tavolo.
Mescolando di nascosto biologico con l’indifferenziato.
Nel saccone che poi avevo buttato giù nel bidone senza farmi vedere da nessuno.
Che già mi guardano male qui nel condominio.
Anche se non ho mai fatto nulla a nessuno.
E addirittura li saluto questi stronzi. A volte mi rispondono addirittura con l’aria schifata.
Ancora sette consegne. L’amico grasso, quello delle canne, ha avuto sintomi influenzali. L’hanno messo in quarantena e neppure gli han dato la liquidazione che il contratto prevede.
Ma qui siamo sempre più nella merda.
Qualche volta siamo anche riusciti a essere tanti in piazza.
Ci sentivamo quasi forti.
Perché ci sentivamo una massa.
Ma poi ha prevalso, su tutto, l’incubo pandemico.
E chi s’è visto s’è visto.
Cioè non si è visto più niente. Anche se il sindacato di base e quelli confederali avevano siglato un accordo.
Gli sbirri ci hanno fatto smammare in fretta.
-Niente assembramenti… Ciah, via, menare tutti… Prima che vi meniamo noi.-
Anche loro con le loro mascherine. Ma senza il numero di codice di identificazione sul casco nero.
Erano stati quasi gentili. Si vede che facevamo pena anche a loro.
Ora suono il campanello. Risponde e dice che verrà giù lui. Meno male. Che ne ho piene le palle oggi con queste gambe che mi stanno diventando due pezzi di legno a pedalare sulla bicicletta.
Qualcuno si è messo ad usare anche i monopattini elettrici.. Già, ma dove li trovo i talleri, che costano un sacco di quattrini e di soldazzi. E che te lo rubano molto più in fretta che non la mia bicicletta scassata di ferraglia.
In sostanza, la tipa non mi ha chiamato.
Avevo ancora in mente la mia stanzetta buia, ripulita alla meglio.
Quando si era decisa a venire.
Mi aveva baciato sulla bocca appena entrata dalla porta.
Aveva buttato il sacco per terra…
E si era subito spogliata nuda…
Due secondi in bagno a pisciare e a lavarsi là sotto.
Poi come due assatanati.
Buttato indietro il piumone lercio. In tutte le posizioni che piacciono a lei e piacciono a me…
Ci eravamo arrotolate delle sigarette.
Fuma tanto anche lei. E quando fuma parla.
E mi racconta di tutto. Della madre che le rompe i coglioni. Dell’uomo che se la va a sbattere., la madre.
Di quello che al lavoro cerca di infilarle la mano a toccare le tette. O che va giù sul piatto a palparle il culo.
Ma no che non sono geloso.
Lei non è gelosa di me, dice.
Ma vuole che le descriva le clienti donne a cui ho portato la sbobba. E di quella mia collega abbastanza fighetta con gli sguardi e gli occhi da ninfomane.
Come se fosse possibile per un disperato disgraziato come me guardarmi intorno. Essere guardato da qualcuna. Se non con compassione o schifo.
Mentre torno mi compro qualcosa per questa sera.
Devo stare attento a non mescolare i soldi della ditta con i miei personali.
Se no poi altrimenti mi dicono che ho cercato di rubarli a loro…
Loro quelli che vivono col mio e col nostro sudore.
Che ci pagano una miseria.
Come i braccianti nelle campagne del sud.
Spero tanto che non mi venga un colpo anche a me, mentre corro alla disperata, pedalando come una bestia, col cuore che batte a 100, col fiato ansimante.
Che se poi mi va bene che non mi prendo anch’io il virus covidde, posso dire davvero che mi è andata di culo.
Mio padre, buonanima, quando c’era diceva spesso che “finché c’è vita c’è speranza”.
Poi lui di vita non ne ha avuta più. E anche a me la speranza è scivolata via.
Magari, la sera, quando sono distrutto e mi rintano sotto il piumone, con in pancia qualche sorso di birra cruda, la speranza o qualcosa del genere, mi ritorna come fosse un sogno da sveglio.
E mi racconto le storie. Che, quasi sempre, manco una volta diventano vere…
Fra poco stacco, gente…
Dall’ultimo stronzo sono dovuto salire tre piani di scale, e quando gli ho dato il malloppo, trafficava perché non trovava la moneta per pagarmi…
Ma se nasco un’altra volta, cosa molto improbabile, non voglio più fare il fattorino chiamato rider.
Sì, lo giuro per davvero, se nasco a un’altra volta voglio fare il ricco…
Magari stasera la tipa mi chiama.
O magari me la trovo già sul pianerottolo a sfumacchiare.
E mi spinge dentro e mi chiede di montarla e di farle tutto…
Forse la speranza è vero che non muore mai.
Grazie babbo…

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