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venerdì 20 novembre 2020

TU SEI QUELLO…. QUELLA…

 TU SEI QUELLO…. QUELLA…

O forse no?
Innegabile.
Se ci provava, ogni tanto, a riguardarsi all’indietro, notava questa costante ricorrente.
Incontri occasionali, sporadici e fortuiti… Inizialmente riconducibili a quello stesso tipo. Che spesso, poi, finivano per trasformarsi in incontri ravvicinati, stabili, definitivi o quasi, standard. Per dirla in parole povere: gli erano arrivati messaggi visivi, di sguardi, di approcci inizialmente girovaganti. Che per propria forza d’inerzia, si erano gradualmente trasformati in incontri duraturi… Purtroppo, talvolta, ahimè!
E sempre per inerzia, per forze gravitazionali autosufficienti e autoregolantesi, avevano finito per stabilizzarsi.
L’impressione, blandita ripetutamente, era quella che fossero occasioni predeterminate. Da una specie di destino, fato, provvidenziale casualità. Insomma, a farla breve, si era trovato a camminare, galleggiare, crogiolarsi e nuotare in approcci costanti e duraturi. Almeno per un po’ di tempo: fino alla propria casuale auto consunzione.
Ma, che farci allora?
E più li analizzava, li studiava e li osservava, più assumevano queste ricorrenti costanti.
“… Ricordi? Ci eravamo già incontrati e conosciuti nella tale talaltra occasione…”
“… Posso chiederle/ti un’informazione/consiglio?…”
“… Sì, penso proprio anch’io… A colpo d’occhio, al primo sguardo mi è parso di conoscerti da sempre… Che ne dici allora se…”
UNUSQUIQUE FABER FORTUNAE SUAE… ciascheduno è artefice della propria fortuna, del proprio destino…
Sì, ma dipende… Se naviga e galleggia a mezz’aria, se riceve le spinte delle brezze presenti, se si lascia andare…
Altre volte, occorre agire di timone, di randa, addirittura issando lo spinnaccher o … O almeno, occorrerebbe!
Gli pareva di ricordare che quando aveva preso una direzione, intenzionalmente e deliberatamente, si era spesso trovato fuori strada e alla deriva.
Meglio allora lasciarsi andare alla occasionalità?
Fatto sta, che poteva e doveva a ragion veduta sostenere, che, quantomeno nelle relazioni umane, e soprattutto in quelle emotivo-affettivo-sentimentali, si era lasciato pilotare…
Solo a posteriori veniva facile, addirittura ragionevole e logico, sostenere che era scritto così da sempre…
Macché palle!
Il libro del destino esiste solamente come giustificazione tardiva.
A conferma o disconferma di comodo di qualcosa che ormai è assolutamente immodificabile. In quanto già avvenuto.
E, se le metteva l’una accanto all’altra, le esperienze vissute, sul proprio tavolo di analisi, poteva rilevare questa ricorrente costante.
Raramente gli era riuscito per davvero portare a termine un approccio che gli stava in mente e a cuore.
Ergo: le donne che aveva incontrato, conosciuto, vissuto, assaporato, avevano intenzionalmente scelto loro l’approccio con lui.
E lui l’aveva accettato, praticamente subìto…
Beh, va bene… Mica voleva stare ora a recriminare su ciò che era esistente…
Quella storia, ma anche quell’altra, e anche quell’altra ancora… Erano spuntate come funghi dopo i raggi del sole nel clima umido del sottobosco. Le spore certo esistevano ed erano state disseminate. Ma lui non c’entrava un tubo. Si era limitato col suo cestello di giunco a raccogliere i chiodini, i boletus e gli altri funghi buoni e commestibili …
Gustandoli e assaporandoli quasi fossero frutto di una scelta sua intenzionale e deliberata.
“… Secondo me, penso proprio, ne ho quasi la certezza, che io da tempo desideravo incontrare un uomo come te… Esattamente come sei tu… Con il tuo portamento, il tuo aspetto, la tua andatura, il tuo tono di voce… Era scritto che io dovessi incontrare proprio a te. E che saresti stato tu l’uomo della mia vita…”
Quante e quante volte, pur con il dovuto distinguo di particolari, espressioni verbali e di termini, quello era stato il refrain, il ritornello ricorrente…
Ed era stato al gioco. Riguardandosi allo specchio e facendoci l’abitudine e la convinzione di essere l’uomo del destino amoroso, della tale della talaltra e di molte altre ancora… (O no? Boh, fa niente, facevamo che era così… Mica si tratta ora di fare una casistica allo specchio della autoriflessione… Anche se…)
Solo in quel “ora e qui”, il dubbio con il suo tarlo stuzzicava la curiosità delle domande a ritroso.
Ma guarda un po’… Chissà perché, allora, questa qui che mi ha appioppato il costume da festa di unico uomo della sua vita, guarda, ricerca, curiosa ancora e di nuovo, altri rappresentanti del repertorio maschile. Che hanno molte, a volte addirittura troppe somiglianze e ricorrenze abituali. Barba. Sinistresità. Piglio. Determinazione. Decisione. Possessività. Tono di voce. Atteggiamento…
Certo, alcune differenze c’erano sempre. Ma erano gli elementi costanti a essere presenti quasi sempre.
Alcune erano soltanto caratteristiche di contorno. Ma le costanti erano costanti.
Qualche ometto, si limitava alle più incisive e sostanziali: possedere, decidere al posto loro, stabilire, mostrare sicurezza.… O almeno ostentarla.
Squallide e modeste sagome. Volti ingrugniti. Voci fesse. Idee reazionarie banali e luoghi comuni. Guance glabre.
Ma sotto sotto la candidata partner del momento sapeva trovarci le sue costanti.
E quelle apprezzava. E da quelle si sentiva attratta.
Non c’era però una regola così stabile, rigida e definitiva.
E neppure lui se la sentiva ora, guardando i fotogrammi esistenziali collocati sull’ampio tavolo, di dare l’imprimatur a quelle situazioni.
Elementi ricorrenti. Ma nulla di più.
Forse, molto probabilmente, agiva un altro elemento strutturale e una modalità standard.
La donna/fanciulla che aveva voluto individuare in lui l’uomo della sua vita, cercava pur essa di adattarsi. Fondamentalmente spinta da un suo profondo bisogno di relazione. Sorvolando su sfumature e particolari. E finiva per farsene una ragione. Per accontentarsi e adattarsi.
Bassetto? Tracagnotto e con la pancetta? Sbarbato? Tatuato? Conservatore e un po’ reazionario (come molti peraltro)? Rozzo e illetterato?
Cosa c’entra, finivano magari per dirsi alcune. Mica me lo devo sposare questo! Lo stronzo l’ho già sposato. E posso perciò dichiararmi scontenta, insoddisfatta di lui, e motivata a ricercare di nuovo continuamente.
Per andarci a camminare nei boschi. Perché quando hanno la casa libera mi ci facciano andare a fare follie erotiche. Perché mi dicano che sono la donna più interessante che hanno mai incontrato e con la quale han fatto l’amore meglio. Per una scappatella regolare costante abituale, scelta con libertà quando voglio e quando ne ho voglia.
Per confrontarlo con gli altri dicendo che questo è ancora più trasgressivo e porco dei precedenti.
Mica devo sposarmelo questo.
E credevano, molte, forse quasi tutte, di compiere in quel momento una scelta libera.
Libertà che si limitava alle proprie pulsioni che non sapevano controllare e pilotare. Ma soltanto seguire. Per cambiare poi rotta al mutare del vento.
E ora, lasciato il tavolo con le immagini femminili, davanti allo specchio interiore, faceva miseramente il confronto tra il sé stesso che vedeva e quegli altri omuncoli.
Ed era allora, a quell’esame finestra/specchio, che finiva per abbassare le penne del proprio orgoglio maschile.
Era il paragone a umiliarlo, deluderlo e sostanzialmente offenderlo.
Questa qui, ha detto che sei l’uomo della sua vita, quello che lei ha cercato da sempre… E poi comunque prova interesse per quegli omiciattoli… Come se avessero davvero qualcosa in comune con me. Nebbia mentale del gusto, della visione…
E allora finiva per ritirarsi in buon ordine. Deluso. In parte abbastanza rassegnato.
Mettendo nel cassetto il personale narcisismo solipsistico.
Vuol dire che forse anche per me è proprio così.
E finisco per accontentarmi.
Adattarmi.
Farmene una ragione.
Il mondo che vediamo, in quanto lo vediamo ed esiste, forse è l’unico mondo possibile.
Questa storia, con questa persona qui, è la migliore possibile perché è l’unica che c’è, ora, qui.
Poi vedremo.
Ma solo poi.
Per ora va bene così.
Tappiamoci il naso e avanti,
in apnea…
Annarita Giovanditto
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