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mercoledì 9 maggio 2012

C’è qui, nella stanza, una tristezza accovacciata

C’è qui, nella stanza, una tristezza accovacciata,
che si guarda intorno languida e attònita. Stupisce
delle tracce scure  dei vuoti dei quadri alle pareti,
delle suppellettili rimosse, del clima di trasloco
imminente, dell’aria precaria che tutto assume, ora..
L’androne è stipato di oggetti in mostra per i rigattieri;
abbiamo stipato i miei ricordi, impacchettandoli nella carta
di giornale, adagiandoli in scatoloni da richiudere
col nastro adesivo color avana. Perché la partenza
è imminente; una calma vuota si distende piena
di attese; il filo di lana si dipana lento verso destini nuovi.
Duecento anni fa, ricordi? lambimmo questo cortile
con sguardi che ancora ci seguono, nei sogni ricorrenti.
Dal ballatoio guardiamo ancora in giù, su quel mare
verde delle foglie del clinto e della vite americana,
sospesi nel vuoto, ogni volta, ancora, come allora,
per sempre il bambino che siamo stati.
Scendevamo per la scaletta di ferro sul terrazzo
tra i rami del fico, turbati dalle sue foglie odorose.
Sulla terrazza grande giocavamo col fango e
zia Luisa ci lasciava fare la cacca nella vasca ovale,
per concimare la terra. In casa ci regalava l’aranciata
fatta con piccoli ovoidi di gomma forati, nell’acqua.
Salimmo le scale di cemento e la casa era immensa
e splendente, con la specchiera d’oro zecchino
e fummo principi eredi al trono di Spagna.
Dalle scale scese, nel pigiama a strisce, portato a braccia,
il babbo, col sorriso triste di chi ha letto il proprio destino.
Se non ci rivedremo ci vedremo in paradiso, diceva, e non
voleva dir niente, allora, per il bambino stupito che
non capiva che gioco si  stava giocando.
Come il gioco delle romanze melense di Tosti
cantate dalla mamma al piano, sotto l’immensa
specchiera dorata, con parole ovattate e garrule
bevendo il te; il bambino s’addormentava
sullo scomodo divano, nel salottino dalla tappezzeria
damascata. Secondo impero, non le posso dare di più,
dicono i mercanti che stanno per comprare il passato
a prezzo di svendita; è difficile piazzarli questi oggetti.
Le marine e il quadro di fiori finiranno in case estranee,
insieme alla principessa di Spagna; noi fuggiremo
in una mansarda luminosa, portando nella memoria
tutte le fotografie del passato; impacchettate
col nastro avana. Vedremo dall’alto il cielo basso di Novara
con la sua cupola che cerca di stagliarsi in alto,
alzandosi sulle punte dei piedi. Nel duemilacentodiciassette
sposeremo la donna luminosa che ci ha regalato l’allegria
e per i prossimi mille anni ci racconteremo le stesse
vecchie storie, abbellite, ogni volta, di nuove sfumature.
Ma ora, nella stanza, una tristezza accorata, languisce
lamentando le assenze .....


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