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giovedì 31 gennaio 2019

LA PRIMA NEVE
........(ecco,Ciccina!)
Il gelo pungente dei giorni precedenti si era smorzato. I rami delle zone boschive della vallata, erano sempre più neri secchi e scheletrici. Avevano un'aria triste lugubre luttuosa.
Guardarli faceva venire malinconia. Il cielo aveva dimenticato per un po' il suo colorito azzurro. E il disco solare si era preso un congedo per malattia.
Scendevano goccioline lente che si fermavano a mezz'aria.
Ondeggiavano di qua e di là. E alla fine si decisero. Rabbrividendo dal freddo scelsero finalmente di diventare fiocchi di neve.
Ma non quei fiocchi tipo batuffoli di cotone o zucchero filato bianco… Neanche per sogno. Volevano prima rifletterci ancora un po'. Non erano ancora sicuri.
Eppure gennaio stava quasi per finire. Qualche raro volo, con tenui e timidi cinguettii sperduti, fece scattare il segnale.
Le gocce di pioggia si fecero più consistenti. Si gonfiarono un po' alla volta. E alla fine divennero leggere come piume…
L'erba gelata era già stata spruzzata da un velo di neve nelle settimane precedenti. E su di essa si era steso pudico uno strato soffice e gelato di brina.
Osservare quel paesaggio faceva stringere il cuore. Faceva venire freddo all'anima.
Era il 27 gennaio.
LA MEMORIA UN PO' ALLA VOLTA SI FECE STRADA COME TUTTI GLI ANNI.
L'inverno divenne più risoluto. Determinato.
Addirittura quasi spietato.
Non ebbe più ripensamenti. Incertezze.
Dubbi.
Sapeva benissimo qual'era il dovere e il compito che gli spettava.
Nelle case i termostati si misero a fare il fatto loro.
Un odore di legna bruciata e di fumo si diffuse lentamente e in modo penetrante.
Chi aveva il camino lo aveva acceso.
Ponendovi sopra gli ultimi ciocchi a bruciare.
La collina e tutto il bosco si guardarono intorno.
Sapevano che stavano finalmente per fare la cosa giusta.
A camminarci sopra la neve era solo leggermente scivolosa, sulla stradina.
Più tardi sarebbe diventata un tappeto morbido soffice.
Con quel leggero sordo scricchiolio impalpabile.
A chi guardava tornarono in mente tanti inverni.
Tante nevi.
Tanti freddi.
Alcuni talmente remoti, da far quasi fatica a ricordarli.
Avevano per questo inventato le fotografie.
Specialmente quelle in bianco e nero.
Chi guardava sfogliava l'albo delle fotografie invernali.
Le proprie.
Quelle di altri.
E infine anche le più lontane nel tempo e nello spazio.
D'altra parte, era proprio così che andavano le cose.
L'inverno prese a fregarsi le mani, l'una con l'altra, per tentare di riscaldarsele un po' perché erano diventate gelate.
I rami neri e lugubri, continuarono a disegnare nel cielo grigio i loro scarabocchi immobili.
Muti geroglifici di messaggi remoti.
Intanto, senza preoccuparsi di niente, la prima neve continuava a infittirsi.
Fino a formare quasi una coltre di nebbia che oscurava la vista.
Qualcuno rivolse un pensiero dolce alla persona che amava.
Che probabilmente, ricevendolo, senza capire cosa stesse succedendo, lo ricambiò.
Per istinto.
La neve con i suoi fiocchi morbidi e sempre più leggeri, finì per rischiare di impigliarsi in quella rete di pensieri affettuosi e di ricordi che si era sviluppata e distesa.
Ma i fili dei pensieri erano così morbidi, impalpabili, che lasciarono cadere i batuffoli bianchi.
Che raggiunsero i loro fratelli. Sul prato bianco di brina. Sulla stradina.
E sui rami sospesi come dita aperte verso il cielo.
Imploranti.
Nanni Omodeo Zorini
foto dal Web

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